La brotula nera - La dama della notte eterna
di Francesco Denitto
Introduzione
L’appuntamento era sul molo del porticciolo di Santa Maria di Leuca, l’ultimo lembo di terra del sudest italiano, oltre il quale c’è solo mare. Al mio arrivo, i miei due compagni di immersione Salvatore e Aldo erano già sul gommone, con le attrezzature subacquee pronte per una nuova immersione. “Il solito ritardatario” – esclamano vedendomi giungere con tutta calma ed ancora assonnato! Dopo pochi minuti mi ritrovavo sul nostro natante alla volta di un’altra avventura all’insegna del mare e dei segreti da scoprire. La brezza del mattino proveniente dalla tranquilla ed immensa distesa blu si mescolava ai profumi che di tanto in tanto giungevano dall’alta falesia rocciosa ricoperta da cespugli di mirto, capperi selvatici ed un’infinità di altre fragranze tipiche della nostra macchia mediterranea.
L’alta falesia rocciosa del Capo di Leuca e gli ampi portali, lasciano presagire la presenza di numerose cavità sommerse che nascondono molteplici sorprese
La destinazione era un lungo sifone semisommerso che, alcuni anni prima, avevo scoperto assieme agli speleosub del gruppo “Apogon” durante un survey esplorativo lungo la costa del Capo di Leuca. Un budello che si insinua nella roccia per circa 85 metri, un tempo uno dei tanti fiumi ipogei che versavano acqua dolce in maniera copiosa nella vallata antistante l’antico Mare Nostrum, ben più lontano dalla costa rispetto a quello attuale. Le tante grotte che alcune migliaia di anni fa erano completamente emerse ed abitate da popoli primitivi dediti alla caccia, oggi sono quasi tutte invase dal mare che, progressivamente, innalzandosi, le ha inondate, permettendo a nuova vita, ma questa volta acquatica, di colonizzarle.
Il nostro obiettivo era proprio l’incontro con una creatura particolarmente schiva, tipica abitatrice di grotte buie del mediterraneo ma che non sempre è ben disposta a farsi trovare nella propria dimora. Solo poche altre volte mi era capitato di incontrare la brotula nera, sempre e soltanto nelle parti più interne delle lunghe cavità sommerse, dove la luce del sole, neanche nelle giornate più luminose è in grado di violare la notte eterna.
Inizia l’esplorazione
Tutti e tre appassionati d’acquari, abbiamo anche in comune la forte passione per le immersioni subacquee. Appena ci è possibile, compatibilmente con gli impegni, programmiamo un’uscita in mare, armati di macchina fotografica e... tanta prudenza che in queste occasioni non guasta mai.
Foto 1. Una spugna della specie Petrosia ficiformis che, in prossimità degli ingressi illuminati di grotta assume una colorazione violacea per la presenza di cianobatteri fotosintetici che vivono in simbiosi. La stessa specie, nelle porzioni più interne di grotta oscura, appare invece depigmentata a causa dell’assenza dei suddetti simbionti. Il nudibranco bianco a macchie scure appartiene invece alla specie Discodoris atromaculata (nome volgare vacchetta di mare) ed è noto per essere un vorace predatore della specie di spugna in questione tanto é che lo si incontra sempre nelle sue vicinanze.
Dopo alcuni minuti di navigazione, giungiamo così davanti all’ingresso della grotta. Dopo aver ancorato il gommone, ci affrettiamo ad indossare le mute e il resto dell’attrezzatura. Il sole d’agosto inizia a salire in fretta nel cielo terso e i caldi raggi cominciano a sentirsi sulla pelle. Tre tuffi, uno dopo l’altro, e ci ritroviamo in fila indiana ad iniziare l’esplorazione. Dotati di potenti fari montati sui caschetti, ci spingiamo con cautela verso il buio cunicolo che si apre di fronte a noi. Essendo l’unico a conoscere la grotta, sono il primo ad avventurarmi, svolgendo la sagola guida che come un filo d’Arianna ci tiene “legati” al mondo esterno. Aldo, il fotografo della comitiva, mi segue. Salvatore chiude il gruppo. Procediamo lentamente ed ogni tanto qualche bagliore proveniente dal flash della macchina fotografica irrompe nel buio che comincia a farsi sempre più cupo. E’ straordinario come, nonostante la vita in completa oscurità, molti animali di grotta rivelino sotto i nostri fari dei colori stupendi, quelli che mi piace definire...i colori del buio! Una murena fa capolino dalla sua tana con il suo sguardo minaccioso. Non è lei quella che ci interessa oggi. Aldo le fa uno scatto al volo, giusto per non farla rimanere male, e proseguiamo lungo il nostro percorso obbligato. Metro dopo metro la grotta si fa sempre più angusta e stretta. Ora le due pareti laterali distano tra loro non più di tre metri, forse meno.
Foto 2. Una murena (Muraena helena) fa capolino dalla sua tana. Le fauci aperte sono erroneamente considerate un atteggiamento di minaccia tanto da aver creato nel tempo un eccessivo timore nei confronti di questo pesce. La murena, al contrario, mantiene sempre la bocca aperta semplicemente per respirare meglio, pompando così ingenti quantitativi d’acqua che, attraversando le lamelle branchiali, cede l’ossigeno in essa presente.
oto 3. Spugne multicolori adornano le pareti delle grotte sommerse. Non a caso, le grotte marine vengono definite “il regno dei poriferi”
Foto 4. Una spugna incrostante gialla ha completamente ricoperto il tubo di un mollusco vermetide Vermetus arenarius di cui si intravede l’opercolo. La competizione per la conquista di una porzione di substrato è talvolta molto intensa tra le specie animali che vivono in grotta.
Foto 5: Poriferi delle specie Petrosia ficiformis e Ircinia variabilis, tipiche degli ambienti cavernicoli.
Tutto è buio intorno e si vedono roteare solo i fasci di luce provenienti dai nostri caschetti che seguono il nostro sguardo posarsi nei vari angoli del cunicolo alla ricerca di qualche sorpresa. E la sorpresa, alla fine arriva. Senza accorgercene ci ritroviamo sul fondo della grotta. Una serie di massi di crollo ci indicano che oltre non si può andare. E proprio lì, sospesa nell’acqua, scorgo la prima brotula.
L’incontro
Sembra addormentata, immobile, a pochi centimetri dalla mia maschera, illuminata dalla luce del mio caschetto. Incurante della mia presenza, questo insolito pesce si lascia ammirare in tutta la sua bizzarra bellezza, pavoneggiandosi come una gran dama sotto i riflettori d’un palcoscenico. Dopo qualche attimo di eccitazione mi ricordo di non esser solo e, giratomi per chiamare i miei compagni d’avventura, mi rendo conto che Aldo è già alle prese con un altro esemplare, intento a fotografarlo, incurante dei miei tentativi di richiamo. Poco più in là ne scorgiamo una terza. I nostri occhi brillano di felicità dietro i vetri delle maschere. Salvatore assiste allo spettacolo fornendo supporto alle operazioni di fotografia. Lo spazio in cui ci ritroviamo tutti e tre è diventato troppo angusto. Nelle concitate fasi di avvistamento e realizzazione delle fotografie, abbiamo sollevato con le pinne molto sedimento che era depositato sul fondo. La visibilità comincia a diminuire rapidamente e il pulviscolo di sabbia fine in sospensione illuminato dai nostri fari, provoca un fastidioso effetto riflettente ed accecante. Il tempo di fare qualche altra foto e si decide di tornare indietro, prima che quella grotta diventi una trappola. Seguendo il filo d’Arianna ci dirigiamo lentamente verso l’uscita. E’ necessario percorrere diverse decine di metri prima di iniziare ad intravedere i bagliori della luce del sole che illumina l’ingresso. Mi volto un’ultima volta, in direzione del buio che ci siamo lasciati alle spalle. Sorrido, sapendo che lì, le nostre amiche stanno continuando a vivere la loro tranquilla esistenza, vegliando la notte eterna!
Foto 6: Un’immagine del protagonista di questo reportage. Queste eccezionali immagini ritraggono il Grammonus ater nel suo ambiente naturale.
Foto 7: Un’altra immagine della brotula nera. E’ ben visibile la forma del corpo che si assottiglia in prossimità caudale e l’ampia pinna dorsale che continua nella coda ed infine nella pina anale a formare un’unica struttura.
Foto 8: Sullo sfondo, l’autore del reportage che illumina con il suo faro la piccola brotula che si lascia fotografare senza mostrare alcun segno di irrequietezza per la presenza inattesa di questi insoliti reporter nella sua oscura dimora.
Approfondimento
Brotula nera - Grammonus ater Risso, 1810
Generalità tassonomiche: Il suo nome scientifico è Grammonus (sin. Oligopus) ater (Risso, 1810) ed appartiene alla famiglia Bythitidae, sottofamiglia Bythitinae.
Diagnosi e descrizione: Corpo relativamente tozzo e compresso lateralmente; testa grande non depressa; occhi ben sviluppati; corpo completamente ricoperto di squame imbricate; testa parzialmente nuda. Narici ampie, di cui quella posteriore ha aspetto cavernoso ed è di forma sub-triangolare e quella anteriore si apre all’estremità di un breve ed ampio tubicino rivolto in avanti. Bocca obliqua, molto ampia. Nelle mascelle esistono denti villiformi, di cui alcuni più grandi e conici nelle serie interne della mandibola. Dimensioni massime di 10-12 cm, forma allungata, a sigaro (viene anche chiamato volgarmente pesce sigaro, n.d.a.), con un’unica pinna dorso-caudo-anale. Le pettorali sono ovaliformi e le ventrali filiformi corte e bifide. Possiede 40-42 vertebre. Il colore va dal grigio scuro al nero uniforme con riflessi azzurrognoli (Bini, 1969).
Costumi: Specie batipelagica. Un tempo ritenuta esclusiva dei fondali situati a diverse centinaia di metri di profondità (6-700 metri) come altre specie appartenenti alla sua stessa famiglia, oggi non sono rare le segnalazioni a pochi metri di profondità, ma esclusivamente nelle parti più interne delle lunghe e buie grotte sottomarine (Barbieri et al., 2001). Riedl (1966) fu il primo a segnalarlo in alcune grotte tirreniche superficiali dell’Isola d’Elba e della penisola sorrentina. Bori et al. (1985) la segnalano invece in una grotta dell’Isola di Maiorca (Spagna). Non mancano tuttavia altri avvistamenti in altre grotte del bacino nord-occidentale del mediterraneo e in Adriatico. I movimenti sono molto lenti ed il nuoto è limitato a brevi scatti con andamento serpentiforme.
Riproduzione: poco o nulla si sa sulle abitudini riproduttive di questa singolare e schiva specie. Risso scrisse che la femmina nel mese di agosto depone le uova che sono azzurro scuro, collegate tra loro da un reticolo biancastro. Cohen (1964) lo ritiene invece viviparo!
Nutrizione: sebbene anche per questo argomento se ne sappia davvero poco, è intuibile che possa nutrirsi di piccoli crostacei bentonici, (Bini, 1969) e anche planctonici come i misidacei (Ott e Svoboda, 1976).
Allevamento in acquario: Riedl (1991) nel suo volume “Fauna e Flora del Mediterraneo”, riporta un sintetico ..."vive bene in acquario”. Date le attuali scarse conoscenze sull’ecologia di questa specie, riteniamo opportuno non azzardare improvvisati tentativi di allevamento in cattività! |
Francesco Denitto
Bibliografia
Barbieri F., C.N. Bianchi, C. Morri, 2001 – Incontri nel buio. Immersioni nelle grotte sottomarine. Deep: 12-13.
Bini G., 1969 – Atlante dei Pesci delle coste italiane. Mondo Sommerso Editrice, Vol. VII.: 25-26.
Bori C., J.M. Gili e A. Garcìa, 1985 – Presencia de Oligopus ater Risso, 1810 (Pisces, Ophidiiformes) en cuevas submarinas del litoral NE de Mallorca. Misc. Zool., 9: 401-404.
Cohen D.M., 1964 – A review of the ophidioid fish genus Oligopus with the description ofa new species from West Africa. Proc. U.S. Nat. Mus., 116: 1-22.
Nielsen J.G., D.M. Cohen, D.F. Markle e C.R. Robins, 1999 – FAO SPECIES CATALOGUE: Ophidiiform fishes of the world (Order Ophidiiformes). FAO Fisheries Synopsis, Roma, Vol. 18, n° 125: 178 pag.
Ott J.A. e A. Svoboda, 1976. Sea caves as model systems for energy flow studies in primary hard bottom communities. Pubbl. Staz. Zool. Napoli, 40: 477-485.
Riedl R., 1966 – Biologie der Meereshohlen. Verlag Paul Parey, Hamburg and Berlin: 639 pag.
Riedl R., 1991 – Fauna e Flora del Mediterraneo. Franco Muzzio Editore, Padova: 777 pag.
Abbiamo inoltre parlato di grotte marine in:
Denitto F., 2002 – I colori del buio. Viaggio nelle grotte sommerse. aquarium, 7-8: 54-60.
Ringraziamenti
Desidero ringraziare i colleghi ed amici Cataldo “zio Aldo” Licchelli e Salvatore “Goose” Moscatello, nonché compagni di avventure subacquee, con i quali mi auguro di continuare a condividere tante altre emozioni alla ricerca delle infinite sorprese che ci riserva ancora il nostro grande e misterioso mediterraneo. Le eccezionali immagini subacquee di questo servizio sono state realizzate da Cataldo Licchelli con attrezzatura personale Nikonos V, obiettivo Nikon 35 mm, complesso macro e flash Sunpack Marine 3200.
|